sabato 1 dicembre 2012




Vorrei un velo sul tuo viso stropicciato,
che poi non resti che il simulacro
di tutti i tuoi dolori, come in una sindone
per me sacra
di cui ridere insieme
– cade la neve sul binario
che scende fino all'abisso, si rivela
l'assenza dell'ultima parola –.
Ecco ciò che s'imprime negli occhi del bimbo
e poi si scorda lungo tutta una vita,
ecco dov'era finita
la linea di luce
nella bufera.

© Tommaso Meozzi

mercoledì 31 ottobre 2012



I tiranni cadranno, si scioglierà il loro scranno
fatto di fibre di carbonio -
obelischi, kalashnikov, angeli di pietra,-
tutto sarà sommerso dalla rete
(minuscoli pesci
ancora si dibattono al sole.
Non sanno che il fiume li porterà nel mare,
credono di essere schegge di carne
tagliate via da un muscolo lontano).

Amo l'ultima verterbra,
quella che innesta la coscienza nella carne,
che la fa stupore, a cesellare le infinitesime
ore di un palpito distante,
amo questa grande comunione
in cui siamo immersi
(i versi sono anch'essi un flusso, come
lacrime, sperma, sangue).

L'alba non avrà commercio di parola,
sarà un trionfo di corpi immaginari
che sfruttano i rari atomi d'aria,
gli interstizi del potere.

© Tommaso Meozzi



mercoledì 17 ottobre 2012




Dove sono andati i sogni del farmacista?
– dovranno pur esserci, da qualche parte,
tra le carte sparse sul banco,
tra la luce che trama il suo passo stanco –.
Quest'uomo
          vive in un altro:
lo sento. I pantaloni gli fasciano le gambe,
la carne bianca che un po' si allenta,
quest'uomo ancora si spaventa quando è solo
al buio. Ora è nudo, nella farmacia.
         Passa accanto alla commessa,
come si gravita ciechi
accanto a un'intima sciagura, natura, svolazza
una farfalla tra il Roipnol, Lasix, morfina.
Forse la prima ora dell'alba, è stata l'unica
in cui per un attimo ancora ha sperato.


© Tommaso Meozzi

martedì 9 ottobre 2012




Il cane è il migliore amico dell'uomo -
l'avete mai visto un cane passeggiare tra le vesti
che strusciano a terra, dentro la teca
di un centro commerciale?
Silenzioso monito, spirito
grigio, cane fatto per sfidare il vento,
costato ridotto al minimo, quanto basta
ad ospitare un respiro che non lascerà traccia.
Avete mai visto le zampe ossute
di questo spirito quadrupede, scalare, senza pietà,
il moto circolare di una scala mobile?
I morti tornano a indossare vestiti
fioriti l'estate scorsa, una pausa, dalla corsa,
nel ricco cinodromo - Come stai? - Quanto basta -
Cosa fai? - Cassa - La notte il cane dorme,
non risponde del panico seminato nel giorno,
la gente il giorno vende - la sua immagine -
la propaggine visibile del pensiero
- E' vero che hai fatto un figlio? E' vero?
Passa il cane da corsa nudo, per un attimo
raggela il diaframma a chi si ferma,
sapendo troppo bene da dove è venuto.


© Tommaso Meozzi

mercoledì 3 ottobre 2012





   Il blu mi riempie gli occhi - vedo, all'inizio,
   solo un mare nero, credo di morire
   poi, fortunatamente, spuntano tanti ranocchi
   che mi fanno ridere -.
 
   Ho perso il centro dell'anima, lo dico,
   è appena un sussurro,
   non voglio che nessuno mi senta, lo dico
   con gli occhi di un ladro che ha rubato
   l'oggetto più inconsistente.

   L'anima si eleva e se ne frega
   di essere stata rubata, poiché essa "è"
   senza che qualcuno gli indichi la strada
   -tout se tient, niente è ghettizzato all'inizio,
   il bimbo rinasce allo specchio
   nel vecchio che sogna nell'ospizio -,
 
   le età si tengono, in un mistero orizzontale,
   scala la pertica verticale soltanto
   un filo di luce dal fianco del monte.
   Alla fonte si abbeverano miliardi di bestie,

   sono io, il mio amore rupestre, che ascolta
   il fruscio della foglia, assieme alle vene
   del toro che schianta, tutto è nota
   e non c'è motivo
   di togliere ad ognuno il proprio grido.

   Anima, anima esigente, non voglio
   in cambio niente, se non questa voce
   che lega ogni vita alla sua croce.

                                                   
    © Tommaso Meozzi
 


 

mercoledì 26 settembre 2012




Ognuno vive nell'angoscia porta la sua croce - la croce può avere
grappoli di fiori che escono dai bracci - la croce è pura invenzione
oserei dire che prego di meno da quando non meno il membro
ho una fede debole come pecore al pascolo - faccio un assolo
non posso fare altro - dimenticatevi di me - anche del Super-Io
non ho più poesia santa - ho una profonda avversione per la fanta -
Accidenti a quella volta che ho fatto a pezzi il mio cervello sperando
che i pezzi poi facessero una figura - non c'è nulla tranne un obiettivo -
essere il primo della classe - no, non regge - intrufolarmi tra innumeri
gambe - no, non reggo - evitare di vomitare - questo sì, è già qualcosa,
avere il coraggio della rosa - finché il petto non mi schianti - questa poesia
è pura umiliazione e allora vedi, ecco Dio che ritorna, perché io
mi umilio e le parole luccicano nell'alba? - esco, vado a prendere una fanta.

giovedì 13 settembre 2012





Notizie del giorno. 


Ero ormai arrivato sulla rischiosa cima
che mistica si aprì una visione: il nero
carnato del monte mi si stendeva davanti,
e ovunque dardi di luce tracciavano
un sentiero: dal nero, nel grembo
rivelato della city. E c'erano attimi
in cui sentivo una strana pietà,
come se quell'immensità non fosse traguardo
dell'umanità che perfora l'elemento,
che usa il vento per fare energia
e l'energia per vento di parole.
Io vidi ai piedi di una fronda
una conchiglia azzurra, portata forse là
da un mare artificiale. Non aveva calcare
sopra il guscio, come il tempo non potesse
lasciare sedimento su quella superficie
impenetrabile. E in basso era inciso,
attraverso un primitivo punteruolo, il prezzo,
espresso in euro. Così avvicinai la valva
al cavo disegno del mio orecchio e subito
sentii un suono, che era la fiumana
di notizie, declamate nel giorno.
E allora uno sconforto misto a riso
travagliò i lineamenti del mio volto,
perché si trattava di bugie, dette con tale infantile
entusiasmo da sembrare ormai vere.
E in questa babele di persone serie e composte
trapelava talvolta da uno scarto nella voce,
o da una sacra luce del linguaggio,
l'immenso oltraggio fatto alla gente:
«Nuove percentuali dall'ultimo G8: ridurremo
l'emissione di carbonio del trenta per cento,
nel duemilaquarantotto». E poi: «Meschini
siete voi comunisti: proveremo le vostre
emissioni di complotto». E: «Il premier
non mantiene le promesse, pensavamo per le feste
diventasse più buono». Eppure in questo frastuono,
mano a mano, sentivo affiorare un'armonia,
come se la cornucopia della menzogna,
dotata di eminenza tecnologica,
fosse incosciente mediatrice di una nuova
verità: perché accorciava i tempi e le distanze
tra New York e Singapore, ma l'aria a disposizione
del respiro restava la stessa. Ogni promessa
era smentita dalla foga della successiva,
e se un paese si proclamava re dell'industria
mondiale, e così un altro, solo un attimo dopo,
due re aveva questo mondo, e nessuna
regina. E se chi inquina sposta la sua fama
radioattiva verso più nascosti liti,
dalla Cina all'Italia arrivano giochi
cancerogeni per bambini. Così ci sfiora
in una sola pelle, di tante
menzogne, una pietà si alza fino alle stelle.
Ma adesso è tempo
che ritorni nella city, per scoprire i possibili
modi di questo misticismo: poiché non è
necessario spogliarsi del mondo, fuggire
nelle selve, ma forse conviene ascoltare
il mare del linguaggio.

                                          ©Tommaso Meozzi